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Sleeping Close (Dormiamo insieme), di Giulio Pereno, è un ambizioso percorso di formazione che mescola alla perfezione realismo e simbolismo. Protagonista assoluta è la donna, o forse la femminilità stessa, intrisa delle sue paure, del suo profondo senso di libertà, della sua tendenza al ripensamento del proprio ruolo, ma anche della sua naturale vocazione alla maternità, dunque sospesa fra continuità e rottura, che attraversa le sue tappe evolutive specchiandosi in quattordici ipotetiche proiezioni dell’identità femminile. Quattordici frammenti a comporre un’unica esistenza, un grande volto mutevole, contemporaneamente concluso ed in eterna formazione. Cosa vuol dire “essere donna”? Questa la domanda sottesa, antica e sempre attuale. Ne viene fuori una risposta che aveva già trovato nella letteratura d’ogni tempo numerosi sviluppi: se la dimensione del maschile appartiene di diritto al regno dei codici immutabili, delle leggi improrogabili, delle forme congelate nel potere simbolico della parola, delle identità cristallizzate da una visione demagogica ed assolutizzante del mondo naturale, il femminile appartiene ad una realtà ondulante e sospesa fra equilibrio e rivoluzione. In altre parole, il femminile è la natura stessa, impossibile da catturare e razionalizzare appieno. Ed è questo il grande merito di Sleeping close: in questa zona di riflessione e di rispecchiamento della naturalità femminile non ci può essere spazio per l’uomo. La sua presenza, appena accennata, brancola e deambula ai margini delle inquadrature. Incerta, fragile, ai limiti dell’impotenza. La stessa fotografia, livida, in chiaroscuro, giocata sulla profondità delle ombre, abbraccia appieno quest’identità in continua trasformazione, lasciata libera di evolversi, oltre il bene ed il male comune, in un caleidoscopio di ipotesi identitarie. La donna è, per sua natura, una, nessuna e centomila. È la massima espressione dell’idea della metamorfosi. È l’essere metamorfico per eccellenza. Volto che si frantuma e si ricompone allo specchio, opposto alla maschera rigida che spesso il maschio si costringe ad indossare. Ed in effetti il film sembra voler immergere lo spettatore in una galleria di specchi, con la macchina da presa che non la attraversa mai freneticamente, mettendo i personaggi in conflitto, ma scivola silenziosa o osserva tutto a debita distanza, in campi medi che rasentano la solennità dell’immagine pittorica, simbolica e paradigmatica. Questa solennità è la cifra stilistica di un film visionario che va dunque letto in profondità, negli elementi che compongono i suoi quadri fissi, un po’ come nel cinema classico giapponese. Un racconto di formazione psichica che non si preoccupa di narrare una storia, ma di mostrare una riflessione che di fatto è tutta interiore, e che viene espressa benissimo dalla voce narrante, dall’alternanza fra il buio e la luce, fra interni disadorni ed esterni paesaggistici fortemente caratterizzati, con la chiara assonanza fra donna e natura a cui prima si accennava. La morte simbolica, e diremmo poetica, con cui si conclude il film, è al contempo resurrezione universale della figura femminile, con tutti i suoi volti alternativi che si porterà sempre dietro. In un’epoca come quella che stiamo vivendo, in cui la donna non sembra ancora riuscire a trovare, forse anche per una sua vocazione naturale, un’identità stabile e socialmente catturabile, in cui purtroppo è spesso ancora vittima di uomini che non riusciranno mai diventare umani, un film come questo appare necessario, come necessario appare il ricorso alla poesia, oramai quasi del tutto assente nella produzione cinematografica italiana. 

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CHAMELEON FILM FESTIVAL

BIOGRAPHY

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- to get to know the director - 

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Giulio Pereno

Giulio Pereno è nato a Venezia nel 1996.

Cresciuto nell'importante polo culturale delle arti visive e in una famiglia di artigiani - i suoi genitori erano, all'epoca, titolari di uno degli eccellenti laboratori artigianali dove si producevano le maschere legate al famoso carnevale vengono prodotte - ha indirizzato il suo interesse artistico nel campo delle immagini.

Il suo lavoro artistico spazia dalla pittura alla fotografia per poi concentrarsi sull'espressione cinematografica. Dopo aver completato gli studi classici, si trasferisce a Berlino nel 2015, dove scrive il soggetto e progetta la produzione del suo primo lungometraggio, un docu-movie incentrato sulle donne che viaggiano da sole.

Alla ricerca di viaggiatrici da intervistare per completare il progetto e un'esperienza personale di viaggio in solitaria, nello stesso anno intraprende un viaggio in bicicletta attraverso Francia e Spagna in direzione del Marocco, durante il quale dorme per strada con una tenda. Questo modo di viaggiare e la tematica artistica ad esso correlata diventano parte fondamentale della sua concezione artistica e di vita.

La produzione di 'Donne che viaggiano sole' si svolge poi in Italia, con base a Torino, dove Giulio Pereno incontra Tommaso Massimiliano Alfì, in arte Maria Virgin, musicista e produttore musicale che sarà autore della colonna sonora di questo film e quello successivo. Da questo incontro nasce un'esperienza artistica residenziale destinata a durare negli anni sotto il nome di 'Povera', collettivo artistico situato presso i Magazzini Docks Dora di Torino, attualmente uno dei poli sociali e culturali della città.

'Donne che viaggiano da sole' esce nel 2019, partecipando a diversi festival e vincendo nello stesso anno il Noce d'oro per il miglior film indipendente al festival BCT di Benevento.

Nel 2020, dopo diversi viaggi e periodi di lavoro in ambientazioni naturali, inizia a dedicarsi alla produzione del suo prossimo film, 'Sleeping Close', che verrà completato nel 2023 in collaborazione con Olivia Paola Longoni. In questo film sviluppano ulteriormente il tema del femminile e quello del viaggio, concepito come mezzo per la ricerca di un rapporto senza filtri con la natura, ultimo rifugio dalla negatività del mondo urbano e dallo sfruttamento del territorio ad esso inevitabilmente connesso.

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